Come evitare il greenwashing. Buone pratiche da seguire

Il 58% delle grandi aziende è a rischio greenwashing. Ecco 5 consigli degli esperti delle Nazioni Unite utili per cambiare rotta

Di Arianna De Felice

Buone Pratiche - Pubblicato il 27-11-2023

Sebbene si senta sempre più parlare di sostenibilità e tematiche ambientali, molte aziende sono ancora a rischio greenwashing. Secondo l'analisi effettuata da Influence Map, questo dato è pari a oltre la metà, ovvero il 58%. Ma come si può fare per invertire la rotta? Cinque consigli utili arrivano dagli esperti delle Nazioni Unite.

I numeri del greenwashing

L’Oxford English Dictionary definisce il greenwashing come: “la creazione o la propagazione di un’immagine ambientalista infondata o fuorviante”. Questa pratica, purtroppo, è sempre più presente nelle aziende tanto che, secondo l'analisi di Influence Map effettuata su oltre 300 aziende che fanno parte dell'elenco di Forbes 2000, il 93% utilizza nella loro comunicazione termini come "net zero" ma pochissime adottano davvero comportamenti e azioni concrete.

Nello specifico lo studio ha esaminato i piani delle aziende per raggiungere la neutralità climatica o obiettivi analoghi e li ha confrontati con il modo in cui influenzano la politica climatica. 
Ne è emerso che, una volta stilata una classifica di rischio greenwashing che va da moderato a significativo, oltre la metà di tutte le aziende analizzate sono a rischio di greenwash a causa del loro impegno politico: sul totale delle aziende esaminate, il 21,5% rientrano nel rischio significativo mentre il 36,5% si “ferma” al rischio moderato

Tra le aziende che risultano peggiori nella classifica di Influence Map, vi sono compagnie come Chevron, Delta Air Lines, Glencore International e ExxonMobil che, pur avendo tutti obiettivi net zero, allo stesso tempo, sostengono l’espansione dell’industria dei combustibili fossili, cercano di indebolire le soglie emissive dei veicoli, combattono tramite lobbisti contro il Green Deal europeo o si oppongono all’introduzione di tasse sul carbonio.

I consigli delle Nazioni Unite per evitare il greenwashing

Ma vista la situazione sempre più critica quando si parla di greenwashing e i consumatori che non fidano più, viene così naturale chiedersi: com’è possibile invertire la rotta? A rispondere a questa domanda sono gli esperti delle Nazioni Unite che hanno individuato 5 buone pratiche e consigli che possono essere utili alle aziende.

Il primo consiglio, che potrebbe sembrare il più banale, ma non è invece per nulla scontato, è quello di annunciare un impegno a zero emissioni nette con obiettivi chiari per i prossimi anni. In particolare questo dovrebbe dimostrare che le singole aziende contribuiranno a raggiungere una riduzione del 50% delle emissioni globali entro il 2030 e a sostenere lo zero netto dopo il 2050. Una volta dichiarato pubblicamente un piano, che verrà confrontato con le analisi e il bilancio di sostenibilità presentato dall’azienda stessa, eventuali dichiarazioni ingannevoli o fuorvianti saranno sotto agli occhi di tutti andando a minare, tra il resto, anche la fiducia dei consumatori.

Il secondo consiglio è quello di creare un piano di transizione per rendere concreti gli impegni, evidenziando al contempo incertezze, ipotesi e barriere.

Il terzo consiglio delle Nazioni Unite per eliminare il rischio di cadere nel greenwashing è quello di aumentare la trasparenza rendendo disponibili impegni, obiettivi e piani oltre che la pubblicazione annuale del bilancio di sostenibilità, da parte di enti non governativi che invece ad oggi vengono spesso nascosti. 

Le aziende devono poi impegnarsi sempre più per fermare l'utilizzo di nuove riserve di combustibili fossili e concentrarsi invece sugli investimenti in alternative rinnovabili. Gli obiettivi per aumentare l’uso delle energie rinnovabili dovrebbero essere inclusi nei piani di transizione.

In ultimo, va privilegiato l'utilizzo dei crediti di carbonio volontari usati per compensare le emissioni pagando un altro soggetto per ridurre le proprie emissioni. Questa pratica, per esempio, può essere utile per aiutare a decarbonizzare le nazioni in via di sviluppo. Per far si che questo funzioni realmente senza cadere nuovamente in pratiche di greenwashing, è necessaria però una migliore regolamentazione per garantire che i crediti portino a riduzioni verificabili delle emissioni globali.


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