Siccità: l’Italia sta soffrendo. Cosa ci aspetta? Intervista a Stefano Mariani

Stefano Mariani, matematico e ricercatore all’ISPRA, ha fornito a Osservatorio Economia Circolare una panoramica dello scenario presente e futuro delle risorse idriche nel nostro Paese

Di Chiara Buratti

People - Pubblicato il 26-10-2022

Negli ultimi 30 anni, la disponibilità di acqua si è ridotta del 19% (secondo l’ultimo periodo di riferimento analizzato dall’ISPRA che va dal 1991 al 2020 rispetto al trentennio 1921-1950). Le conseguenze di un clima che sta cambiando sono quelle a cui stiamo amaramente assistendo, in particolar modo in questo periodo: siccità, alto rischio incendi, alluvioni. Alcune regioni italiane hanno riserve ridotte d’acqua a causa della siccità; soprattutto al Nord, con picchi in Veneto e Piemonte. Mesi di assenza totale di rovesci, anche in inverno, e caldo torrido e fuori stagione fin dalla primavera hanno ridotto le riserve ai minimi termini. Situazioni critiche si registrano anche in Emilia Romagna e Lombardia, dove il fiume Po è al minimo storico, con la risalita del cuneo salino che è arrivata a 21 chilometri. Seguono, sempre in ordine di criticità, la Toscana e la Liguria. E mentre si tenta di “salvare il salvabile”, e i governatori regionali lanciano appelli per un uso responsabile della risorsa idrica, la situazione che emerge dalle valutazioni effettuate dall’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, è ben poco rassicurante. Infatti, si prevede, a livello nazionale, una potenziale riduzione della disponibilità di risorsa idrica che va dal 10% nel breve termine, (nel caso in cui le emissioni di gas serra si riducessero nettamente) al 40% nel lungo termine, con punte del 90% nel Sud Italia qualora le emissioni mantenessero i ritmi attuali. Le stime per l’ultimo trentennio 1991–2020 mostrano un valore annuo medio di 445,2 mm di acqua, che rappresenta una riduzione media annua di 104,8 mm (–19%) rispetto alla stima per il periodo 1921–1950 effettuata dalla Conferenza Nazionale delle Acque del 1971, da cui risultava una disponibilità media di 550 mm.

 

Abbiamo chiesto a Stefano Mariani, matematico e ricercatore all’ISPRA presso il Dipartimento per il Monitoraggio e la Tutela dell’Ambiente e per la Conservazione della Biodiversità, di farci una panoramica sullo scenario presente e futuro che attende il nostro Paese.

Siccità: da cosa dipende

“Abbiamo condotto una serie di studi su scala nazionale, riscontrando un aumento nella percentuale del territorio italiano soggetto a siccità estrema su base annuale, a partire dal 1950. Bisogna ricordare che la siccità è un evento naturale che si presenta ogni qual volta si registrano precipitazioni inferiori a quella che è la climatologia dell’area considerata. È normale che questo fenomeno accada, ma più è maggiore e prolungato il deficit di precipitazione, più è alta la gravità della siccità – spiega il dott. Mariani – In particolar modo, dall’inizio di questo anno, stiamo assistendo a una lunga e prolungata siccità, con caratteristiche estreme soprattutto nel Nord Italia, in regioni come il Piemonte, che già da inizio anno ha registrato dati al di sotto delle piogge medie. Questo ha fatto sì che la gravità del fenomeno sia diventata rilevante dal punto di vista degli impatti ambientali e socio-economici. Ci sono stati anni in cui il territorio nazionale non è stato colpito da siccità ma da eventi di precipitazione ben superiori alla climatologia di riferimento, mentre in altri periodi non è andata così; per cui non è possibile dire dove, quando e con quale gravità il fenomeno della siccità estrema occorrerà ancora, o affermare  che il trend delle aree italiane colpite da questo fenomeno sarà sempre crescente. Certamente, però, si può dire che quello a cui stiamo assistendo è strettamente dipendente dai cambiamenti climatici e, quindi, dalle emissioni di gas a effetto serra che stanno facendo accrescere i fenomeni sia della siccità che delle alluvioni che, quest’anno, hanno, in particolar modo, colpito i territori dell’Italia settentrionale e centrale, segnando una divisione a metà del Paese”. 

Cosa fare per limitare la siccità nel nostro Paese

“Bisogna sicuramente attuare politiche di forte riduzione delle emissioni di gas serra, dal livello globale al livello nazionale, ma allo stesso tempo tenere presente che stiamo già vivendo un cambiamento climatico. Ciò sta comportando una riduzione della disponibilità media di risorsa idrica per l’effetto combinato di una riduzione delle precipitazioni e di un aumento delle temperature – spiega il ricercatore - Si devono, quindi, incentivare migliori politiche di uso e di gestione della risorsa idrica in un'ottica di adattamento e sostenibilità e puntare, ad esempio, su colture meno idroesigenti; migliorare i sistemi di gestione della risorsa in campo agricolo e industriale; favorire politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. In tutti i settori, la tecnologia arriva in aiuto grazie a servizi e strumentazioni sempre più avanzati che permettono una migliore gestione della risorsa e una riduzione degli sprechi. Questo vale sia per il comparto agricolo, zootecnico, industriale e dell’idroelettrico che nel settore delle infrastrutture idriche per l’acqua potabile, ad esempio, laddove si riducono gli sprechi e si aumenta l’uso adattivo e sostenibile. Se non ci si impegna, però, per favorire la riduzione delle emissioni di gas serra, ci troveremo sempre più frequentemente di fronte a eventi di siccità estrema dovuti alla mancanza di precipitazioni”.

 


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